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La cultura del bullismo dalla rete alle classi

Il fenomeno del bullismo tra i più giovani è sicuramente uno degli argomenti più attuali di cui uno psicologo possa scrivere. Notizie di angherie più o meno gravi nei luoghi di socializzazione e online sono all’ordine del giorno e scatenano ogni volta dibattiti accesi cui prendono parte genitori, educatori, professionisti, persone più o meno direttamente interessate. Le spiegazioni al fenomeno tendono a focalizzarsi sul mutamento della socialità e della socializzazione e, a mio giudizio, sono per lo più corrette. Si parla spesso – giustamente – della difficoltà di relazione tra generazioni, oggi più che mai saliente per via dei ritmi di vita e della complessità della società che non consentono di dedicare sufficiente tempo e attenzione all’educazione, alla sorveglianza e al dialogo con i giovani.

Si aggiunge una scarsa capacità da parte dei genitori a imporsi, spesso imputata al fatto di essere cresciuti senza privazioni, in un periodo relativamente “semplice”, senza le difficoltà delle generazioni precedenti descritte come classi di ferro temprate dalla guerra e dalle privazioni. Infine, si tende a notare la quantità di informazioni, opinioni e contatti a cui i giovani sono esposti tramite la rete, il tutto senza un filtro da parte dei genitori e degli educatori, completamente esclusi da questo mondo che un tempo si definiva virtuale ma che oggi ci si accorge essere estremamente reale. Ritengo tutte queste spiegazioni, come già detto, giuste. Ed è importante guardare a tutte le concause, comprese quelle legate a mutamenti culturali più vasti, in correlazione. Ma ritengo l’ultimo argomento, quello dell’esposizione al web, il più interessante perché ci porta ad una necessaria considerazione: nessuno di noi è preparato, pronto per la rivoluzione di internet.

Non ci sono casi di storia, situazioni simili del passato da cui apprendere. Ciascuno di noi è forzato a utilizzare il proprio bagaglio culturale e di esperienze per cercare di decodificare e gestire qualcosa che prima non esisteva. La libertà totale dei più giovani di esplorare e conoscere non è mai esistita come oggi: l’unica possibilità che ciò succedesse era legata ad una totale negligenza dei genitori, evento comunque piuttosto raro. E in ogni caso l’esplorazione del mondo e dei pensieri altrui era sempre in qualche modo mediata da luoghi di aggregazione frequentati dai genitori o comunque da figure di riferimento, dall’insegnante al parroco, dall’allenatore all’amico di famiglia. Ma il web, non funziona in questo modo. Si creano delle comunità indipendenti in cui il linguaggio, le idee, le proposte non sono mediate. Anzi, proprio la distanza tra i vari membri di questi gruppi fa sì che in breve tempo i contenuti si polarizzino: anche le battute e lo humor diventano di volta in volta più pesanti e grevi, le offese e gli attacchi diventano più violenti. La “fama”, in certi gruppi, è legata anche a compiere atti di bullismo da riportare in rete.

Possiamo dire, senza dare un giudizio di merito, che questo è un comportamento frequente tra adolescenti, ma qui si innesta un altro meccanismo a cui non siamo preparati come società: finché il gruppo in cui spiccare era composto da pochi elementi anche uno scherzo poteva bastare, nella competizione a chi è più aggressivo con migliaia di contendenti in rete c’è bisogno di atti estremi per spiccare. Un altro fenomeno legato all’emergere di queste comunità è la costruzione di un senso comune tra i componenti che li porta a percepire quanto condiviso sul web ed eventualmente compiuto nei contesti reali come naturale, giusto, normale. Nella creazione di un senso condiviso non viene contemplata la possibilità che altri abbiano sensibilità diverse, e, in ogni caso, ciò importa poco perché si tratta di non-membri della comunità culturale di riferimento.

Per riassumere, si assiste ad una sorta di autogestione culturale di adolescenti senza precedenti che, necessariamente, a volte fa sì che gli aspetti più impulsivi legati all’inesperienza, all’irruenza e anche alla biologia prendano il sopravvento. Si tratta dunque di una situazione difficile, in cui è necessario sviluppare un dialogo intergenerazionale in cui tutti si rendano conto della difficoltà di dare un senso alle relazioni e alla costruzione di significato contemporanea. Una prospettiva di crescita in comune, da realizzare tramite il dialogo e la condivisione, la fiducia e il supporto. Perché bisogna anche ricordare che la vitalità di queste relazioni mediate dal web può portare anche a grandi passi avanti per la società, non soltanto al bullismo: quindi è necessario lavorare per sviluppare gli aspetti migliori delle nuove possibilità senza demonizzare il “mondo giovanile” a priori.

Alessandro De Carlo, Presidente dell’Ordine degli Psicologi del Veneto

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