Veneto

Sei regioni a rischio. Le nuove regole da lunedì. Arancione in agguato

Ci sono i numeri, che non sono per niente buoni. E c’è il dibattito politico sulle riaperture di cinema e ristoranti, che appare curiosamente fuori tempo come accadde a settembre quando a pochi giorni dall’inizio della seconda ondata qualcuno provò a chiedere di far tornare il pubblico negli stadi. Stavolta è Matteo Salvini il capofila di chi chiede il ritorno alla normalità, il leader della Lega anche ieri è tornato alla carica convocando una conferenza stampa in strada e polemizzando con il ministro della Salute Roberto Speranza che mercoledì in Parlamento ha parlato di restrizioni almeno fino a Pasqua. Uno strappo subito censurato dal leader Pd Nicola Zingaretti, un copione che probabilmente verrà replicato spesso durante questa esperienza della “strana maggioranza” a sostegno di Mario Draghi. Il tutto, appunto, mentre i numeri raccontano una situazione che lascia poco spazio all’ottimismo.

La situazione in Italia

Ieri i contagi sono stati quasi ventimila, per la precisione 19.886. Un dato che non si vedeva dal 9 gennaio. Per l’ottavo giorno consecutivo, inoltre, aumentano anche i ricoverati in terapia intensiva, ieri 11 in più rispetto al giorno prima. E sale anche il tasso di positività, cioè la percentuale di positivi trovati sui tamponi fatti: ieri al 5,6%, più 0,8% su mercoledì. In generale, se da metà gennaio la curva dei nuovi contagi si era sostanzialmente appiattita, da una settimana circa ha ripreso a salire, in modo abbastanza evidente. I dati ufficiali saranno diffusi oggi, ma la risalita dell’indice Rt pare scontata e per diverse regioni ci potrebbe essere una “retrocessione”: fortemente a rischio di passare in arancione il Piemonte, ma anche la Lombardia (con la zona di Brescia sotto speciale osservazione), le Marche, la Puglia, la Basilicata e il Lazio, anche se in quest’ultimo caso ci sono maggiori speranze di mantenere la classificazione gialla attuale. L’area metropolitana di Bologna, inoltre, è stata dichiarata «arancione scuro».

La Gelmini

In ogni caso, assicura la ministra Mariastella Gelmini dopo un confronto con gli enti locali, «per rendere più agevole la programmazione delle attività economiche, le chiusure non entreranno più in vigore di domenica ma di lunedì». Il sistema delle fasce, i “colori” insomma, «verrà mantenuto», perché «finora è stato scongiurato un lockdown generalizzato». Il nuovo Dpcm non dovrebbe essere varato oggi e dovrebbe essere definito nel fine-settimana, per essere approvato all’inizio della prossima settimana, dunque con almeno 3-4 giorni di anticipo rispetto alla scadenza del Dpcm attuale, come chiesto da tutte le regioni. La politica, o almeno parte della politica, sembra però non tenere conto di tutto quello che accade.

Salvini dice no

Salvini, appunto, si ribella all’idea di una Pasqua in lockdown o quasi: «Mi rifiuto di pensare ad altri mesi di chiusura e paura. Parlare già oggi di una Pasqua chiusi in casa non mi sembra rispettoso degli italiani». Il leader leghista chiede che «se ci sono situazioni locali a rischio si intervenga a livello locale». Parole alle quali replica il Pd di Zingaretti: «Vedo che, sulla pandemia, Salvini purtroppo continua a sbagliare e rischia di portare fuori strada l’Italia. Prima sono state le mascherine, che erano inutili, ora, cavalcando la stanchezza di tutti, si attaccano le regole per la Pasqua. Quello che è irrispettoso per gli italiani e gli imprenditori è mettere a rischio le loro vite e prolungare all’infinito la pandemia. I problemi si risolvono, non si cavalcano». Ma in serata Salvini rilancia: «Nelle zone gialle dove non c’è emergenza sanitaria, se si può andare a pranzo lì, con le stesse limitazioni si può andare anche a cena».

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