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Amministrative Veneto 2017: programmi e coalizioni

Lao Tze sosteneva che ogni grande viaggio comincia con un breve passo. Seneca gli obiettava che nessun vento è favorevole al navigante che non sa dove andare. A queste metafore dovrebbero ispirarsi i programmi elettorali per le prossime amministrative che a primavera riguarderanno importanti Comuni veneti. L’autonomia decisionale dei Comuni è sempre più limitata. La finanza e le decisioni locali dipendono sempre più dallo Stato. Si riduce di conseguenza la possibilità di fare crescere classi dirigenti innovative sulla base di progetti, iniziative e modelli amministrativi originali elaborati localmente ma ispirati dalla cultura globale. La questione dell’autonomia regionale e locale giocherà un ruolo centrale nelle elezioni regionali del 2020, ma potrebbe già ispirare programmi e di alleanze.

L’anomalia (e quindi il bisogno di autonomia) veneta consiste nel fatto che (a) la Lega e i suoi alleati di destra, al governo della Regione da oltre vent’anni, hanno perduto una parte del sostegno del centro che guarda sempre più al PD; (b) il centro – a cui si stenta nel Veneto ad aggiungere “sinistra” – costituito dal PD e i suoi nuovi alleati è nel complesso minoritario, ma sempre in grado di imporsi in qualche Comune maggiore; (c) il Movimento 5 Stelle ha un peso minore che a livello nazionale, ma vincerà qualche amministrazione e sarà l’ago della bilancia ai ballottaggi (con il voto o l’astensione). A maggior ragione se le elezioni amministrative coincideranno con le politiche. I candidati vincenti saranno coloro che riusciranno a realizzare grandi coalizioni di forze politiche tradizionali senza riferimento a destra o sinistra; oppure chi interpreterà il dissenso e la protesta con i toni convincenti di una paura disfattista. Dei programmi dei secondi di concreto non c’è nulla, ma dopo Trump e Brexit hanno dimostrato di avere molte frecce al loro arco.

I primi si presenteranno come riformisti rimanendo ancorati ai soliti slogan (e opere) del mondo vecchio che cercheranno di migliorare o per lo meno di non fare decadere troppo rapidamente. Una terza via – che alcuni autentici riformatori espressi dalle grandi coalizioni o dai Cinque Stelle potrebbero aprire – consiste nel concentrarsi su due piani di lavoro necessari per il cambiamento e l’innovazione: da una parte le minute azioni immediate di manutenzione e di riorganizzazione amministrativa; dall’altra l’elaborazione di una intelligente visione di lungo periodo. Nell’immediato – il piccolo passo di Lao Tze – sarà apprezzata dagli elettori un’azione amministrativa concentrata su una rigorosa attenzione all’ordine pubblico, al traffico, alla sicurezza, al rispetto delle regole e delle leggi del vivere civile da parte di tutti, a un’apertura alle componenti dinamiche della città senza distinzioni di appartenenza politica o provenienza geografica.

Questo chiedono all’amministrazione cittadini responsabili che si spera costituiscano una maggioranza! Quanto alla visione di lungo periodo – per cogliere il vento favorevole di Seneca – le classi dirigenti si assumano il compito di individuare obiettivi di lungo termine che da subito diano senso alle decisioni di oggi. Si promuova allora un gruppo di lavoro costituito da una decina di trentenni dottorati in varie discipline con esperienze internazionali a cui si chiederà di immaginare la città futura. Quella che loro stessi realizzeranno nei prossimi trent’anni dal punto di vista infrastrutturale, culturale, istituzionale, sociale. Se invece di una classe dirigente formata da capitani coraggiosi desiderosi di esplorare nuove rotte si impone un gruppo di nostromi presuntuosi, abili solo a evitare scogli, la decadenza sarà ancora una volta servita. Al più ci si potrà congratulare per avere evitato temporaneamente il pericolo populista.

Corrado Poli

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