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La più grande

Una Fenice che risorge

E’ la più grande. Non solo per come vince, ma anche per come annuncia l’uscita di scena dalla sua specialità che l’ha coperta d’oro. E per come si ripresenta: “Adesso sono in pace con me stessa”.

L’ultima medaglia, inattesa, le ha fatto guadagnare sulle prime pagine dei giornali aggettivi fin qui dedicati alle star del cinema: “Divina… Mostruosa… Fenomenale… Strepitosa… Immensa… Immortale”. Qualcuno con enfasi patriottica l’ha definita “semplicemente una dea”.

Certo Federica Pellegrini ha esaltato e stupito in quei 200 metri sl a Budapest, rimontando come non le era mai accaduto, superando l’americana Katie Ledeky che in gara singola non aveva mai perso, battendo i pugni sull’acqua come una ragazzina felice. Ha esaltato perché è stata una sorpresa, perché ha cantato a squarciagola “Fratelli d’Italia” e ha abbracciato commossa il presidente del Coni, Giovanni Malagò, che la premiava; perché fuori piscina si è presentata mano nella mano col suo ex Filippo Magnini.  Ha stupito perché nessuno si aspettava che questa donna di 29 anni (li compirà sabato prossimo, il 5 agosto) potesse mettere in riga la campionessa olimpica di 20 anni e l’altra giovane australiana Emma Mc Keon che a Rio le aveva soffiato il bronzo.

A un anno dalla delusione olimpica che le aveva quasi fatto dire “smetto”, nei mondiali d’Ungheria la campionessa di Spinea si è presa tutte le rivincite, ha anche segnato il record di dieci medaglie consecutive, la metà d’oro, in sette mondiali. Nessuna come lei al mondo. E’ stata la sua gara perfetta.

E’ da tredici anni che Federica vince, dalle Olimpiadi di Atene quando, ancora sedicenne inesperta, per una distrazione dovette accontentarsi dell’argento nei 200 sl, risultato alla vigilia impensabile. La più giovane italiana di sempre a salire sul podio olimpico. Da allora non ha mai mollato, tra cambi di allenatori, crisi, perfino di panico, amori, dubbi, critiche talvolta violente. Ha conservato la sua personalità, indubbiamente forte, nel bene e nel male. Ha alternato, come era giusto fosse, momenti di maturità a debolezze da adolescente, cadute e risalite.

Ha creato con intelligenza la sua immagine, elegante sulle passerelle vestita da Armani, tacco 12, anche pinne col tacco! Testimonial apprezzata della pubblicità in tv e sui giornali. Capace di esporsi nei sentimenti con fragilità, di opporsi alla persecuzione mediatica dei personaggi pubblici, come la volta che si è trovata un fotografo nascosto in bagno. Icona di stile, una che non rinuncia mai alla femminilità pur senza nascondere il fisico atletico; una che passa dal vestito da sirena ai jeans con lo stesso sorriso ironico di chi si diverte e non si prende mai sul serio.

E’ la più grande duecentista di sempre e spesso si è caricata sulle spalle tutto il nuoto azzurro, sopportandone il peso anche nelle sconfitte. Ha stabilito decine di record mondiali, ha fatto dei 200 la sua specialità e a Budapest ha nuotato “gli ultimi duecento stile della ma carriera” per un’impresa che rimarrà nella storia. Adesso, dice, si dedicherà ad altre distanze: soprattutto i 100, forse tornerà ai 400, forse… “Nella mia testa penso questo, poi nella vita vediamo. Vorrei fare la velocista. Magari ci ripenserò”. Lasciare quando si è al vertice è solo dei grandi.

Fin qui sette mondiali e quattro Olimpiadi, anche ai Giochi oro e prima italiana di sempre a conseguire un successo femminile nel nuoto. In carriera undici record mondiali, il primo stabilito nel 2007 a Melbourne. Nuotatrice dell’anno per il 2009.

Questa veneziana di terraferma, l’italiana più veloce di sempre sull’acqua, ha imparato l’arte tra Spinea e Mestre, poi ha dovuto trasferirsi perché da queste parti nascono i campioni ma chiudono le piscine e i maestri vanno altrove. Un vero talento se a 13 anni era già bronzo nei primi campionati assoluti di nuoto e due anni dopo era nella Nazionale maggiore.

Da 13 anni, nel bene e nel male, è sulle prime pagine. Ha accompagnato a modo suo anche la nostra vita, certo il nostro sport.  La stampa le ha accorciato il nome in “Fede”, più pratico anche per i tifosi da gridare a bordo vasca. Soprattutto si presta meglio ai giochi di parole nei titoli, fino a diventare invocazione e quasi preghiera della vigilia di gara: “Abbiamo Fede”.

Sicuro, abbiamo fede in qualsiasi piscina scenda, qualunque vasca occupi. In fondo, trent’anni sono niente per un’immortale.

Edoardo Pittalis

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