Verona, guinzaglio al collo del figlio di 15 anni che cerca di difendere la mamma: patrigno a processo
Scene di ordinaria e abituale violenza, un quotidiano bollettino di «percosse e minacce». Per lei, ormai, «essere picchiata e maltrattata dal mio compagno era diventata una routine». Una «prassi infernale», un incubo inconfessabile, vissuto tra vergogna e paura davanti agli occhi spaventati dei due figli minorenni. Un silenzio che la 40enne veronese ha trovato il coraggio di interrompere chiamando la polizia, dopo aver assistito a una scena che lei stessa ha definito «sconvolgente»: il convivente che stringeva il guinzaglio del cane al collo del figlio adolescente per impedirgli di proteggerla. Un episodio-choc: un ragazzo di 15 anni che voleva difendere la madre dall’ennesima esplosione di violenza del partner, quest’ultimo che reagisce sfilando il laccio dal cane e usandolo per bloccare il figlio che aveva «osato» aiutare la mamma.
La denuncia e il rinvio a giudizio
Agli agenti della questura scaligera la donna ha poi descritto ancora scossa quell’ultima escalation di rabbia del compagno, quando la discussione «è degenerata» e lui ha stretto il guinzaglio al collo del figlio «prendendolo da dietro, lasciandogli i segni e rischiando di soffocarlo». Una denuncia a tratti agghiacciante, quella resa dalla vittima: per il 51enne, difeso dall’avvocato Maurizio Milan, è stato disposto il rinvio a giudizio per la «convivenza infernale» che avrebbe imposto alla compagna dal gennaio del 2019 alla denuncia datata 20 febbraio 2021. Numerosi e raccapriccianti gli episodi da cui è chiamato a difendersi in aula l’imputato, ma tra quelli per cui la giudice dell’udienza preliminare Carola Musio ha deciso di mandarlo a processo ce n’è uno che spicca ed proprio l’ultimo in ordine di tempo, quello dove si contesta al 51enne il reato di violenza privata ai danni del figlio minorenne per «avergli stretto un guinzaglio, al fine di costringerlo ad andare via e a non difendere la madre».
Anni di soprusi
Questo, secondo la ricostruzione delineata dagli inquirenti, accadeva in città a Verona così come i due anni di precedenti soprusi e angherie domestiche nei confronti della madre del ragazzino coraggioso, che non aveva esitato a difenderla dalle percosse del partner «irascibile e minaccioso»: impossibile, per il 15enne, continuare a assistere ai «maltrattanti sulla mamma, imponendole un regime di vita doloroso e vessatorio con violenze fisiche e morali». Nel lungo capo d’accusa, si addebita al partner di aver «reiteratamente minacciato la convivente, percuotendola sovente con calci, schiaffi e pugni, controllandola in ogni spostamento». Le avrebbe «impedito di vedere i familiari», tentando in ogni modo di isolarla e «arrivando a sottrarle i documenti di identità». L’avrebbe anche sfruttata economicamente, «non svolgendo alcuna attività lavorativa e costringendola a dargli il bancomat per le proprie spese».
Il telefonino in testa
Al banco degli imputati l’ormai ex convivente, con origini napoletane e residenza a Verona, sarà chiamato a rispondere dell’ulteriore accusa di lesioni, per aver colpito la donna al capo e alla schiena con un telefono cellulare usando una tale veemenza da «distruggerle il telefonino sbattendoglielo addosso»: un episodio particolarmente cruento, che l’aveva costretta a recarsi al pronto soccorso per farsi medicare. Le vennero diagnosticate lesioni guaribili in cinque giorni, ma neppure vedendola ricorrere alle cure mediche il partner avrebbe frenato i suoi scoppi d’ira. Come quando l’aveva inseguita per casa con un coltello «dicendole che ovunque fosse andata l’avrebbe raggiunta e fatta a pezzi, urlandole “vieni qua che ti ammazzo”». Neppure una settimana dopo, quando lei gli aveva preannunciato di voler chiamare la polizia, fuori di sé dalla rabbia avrebbe minacciato che «vi brucerò con un euro di benzina, anzi vi metto la droga in macchina e vi faccio arrestare». Infine, l’episodio choc del guinzaglio: prima le sevizie al cane del figlio 15enne, sollevando l’animale da terra e colpendolo ripetutamente, poi il laccio stretto al collo del ragazzo che stava intervenendo per salvare la mamma dalle percosse. Le ultime di un’interminabile serie di violenze.