Commercio: a Padova la grande distribuzione brucia i piccoli negozi

In meno di 20 anni sono stati chiusi in Italia la bellezza di 115.000 negozi. E a Padova negli ultimi 8 anni se ne sono persi 685. Un’enormità.
E’ una vera falla nel mondo del commercio al dettaglio quella espressa da una fresca indagine dell’Ispra (Istituto Superiore per la Protezione e Ricerca Ambientale) relativa al consumo di suolo, che nell’intero Stivale avanza al ritmo di 70 ettari al giorno. Da noi, in Veneto, una recente legge regionale sta cercando di mettere dei paletti ma tra concessioni date e non più revocabili, aree di completamento e insediamenti nuovi, sarà difficile cercare di stoppare un fenomeno che può essere ricondotto, in buona misura, alla realizzazione di ipermercati e centri commerciali.
Un fenomeno che, nell’ultimo ventennio, ha modificato radicalmente le abitudini di consumo degli italiani con una conseguenza di non poco conto: ha desertificato i centri dei piccoli paesi e ha trasformato le periferie delle città. Qualche numero può dare l’idea di cosa sia successo: alla fine del 2000, in Italia (Fonte: Osservatorio nazionale del commercio del Ministero dello Sviluppo Economico) i negozi erano 858.027. Al 31 dicembre 2017 questi si erano ridotti a 742.881.
<Si tratta di una vera e propria emorragia – commenta Patrizio Bertin, presidente dell’Ascom Confcommercio di Padova – e che, in termini percentuali, vale un drammatico 13,4%. A Padova, in un arco di tempo più contenuto (dal 2009 al 2017) siamo passati dai 13.989 esercizi commerciali al minuto del 2009 ai 13.304 di fine 2017. Si tratta di un significativo 4,9% (685 esercizi in termini assoluti) senz’altro rapportabile al dato nazionale su base quasi ventennale e che va ascritto a scelte politiche di cui oggi scontiamo tutti gli effetti negativi>.
Ora l’Ascom Padova attende <con favore> l’iniziativa del governo (e, su scala regionale, la pari iniziativa dell’assessore regionale Roberto Marcato) per arrivare ad un piano delle aperture domenicali e festive che preveda un numero accettabile di dodici festività lavorative annue per singolo esercizio commerciale. Basterà per riequilibrare il rapporto commercio di vicinato/grandi strutture di vendita?
<Nessuno si nasconde – conclude Bertin – che l’e-commerce abbia fatto il suo ingresso prepotente nello scenario. Però questo dovrebbe far riflettere più sull’inutilità di aprire nuovi grandi centri commerciali piuttosto che nel paventare la fine del piccolo commercio. E’ lampante che un centro commerciale grande (come poteva essere quello di Due Carrare, da noi osteggiato con ogni mezzo) faccia chiudere quelli un po’ più piccoli>.
Michel Angelo