economia e politica

La Lega, macchina che macina milioni: i contributi veneti benzina per tre liste

C’è un giallo che appassiona i politologi: Luca Zaia che in Veneto vince con il 76% senza spendere un centesimo nella campagna elettorale 2020 e Arturo Lorenzoni che rimedia una sonora sconfitta al 16% dopo aver investito 68.683 euro. Al punto che il collegio di garanzia della Corte d’appello di Venezia aveva contestato al docente di Ingegneria di aver superato il budget previsto dalla legge 96-2012, senza però indicare la somma. «Tutto è in regola, i calcoli sono esatti» ha ribattuto il portavoce dell’opposizione e la sua tesi è stata accolta.

Resta il dubbio

Ma il giallo resta. La diretta web e tivù sul Covid ha certamente spalancato le porte al trionfo, ma quando il presidente dichiara di aver speso 0 euro in manifesti, volantini e spot, proprio come nel 2015, dimentica di sottolineare che il conto l’ha pagato la Lega veneta, guidata dal quadrumvirato Fontana-Finco-Marcato-Stefani prima di essere affidata al commissario-segretario Alberto Stefani. Chiusa la stagione degli scandali di Belsito, il partito di Salvini è una macchina da soldi, che in Veneto ha raccolto 601 mila euro nel 2020 e altri 443 mila nei primi 5 mesi di quest’anno. Le quote sono fisse: 3.000 euro al mese per i deputati e i senatori e 1.200 per gli assessori e i consiglieri regionali, mai così numerosi a palazzo Ferro Fini.

In crisi gli altri ma non la Lega

Il bonifico arriva con la regolarità della rata di un mutuo, senza i mal di pancia dei grillini che dopo aver inventato il contributo per le microimprese, hanno iniziato a litigare sui 300 euro alla piattaforma Rousseau e sui 3 mila al comitato per le rendicontazioni. Un ritardo dopo l’altro fino all’espulsione, così le indennità sono sacre e non le tocca più nessuno, di scissione in scissione. Nel centrodestra in crisi nera è anche Forza Italia, con Berlusconi che dovrà saldare milioni e milioni di debiti accumulati in 27 anni di politica: i parlamentari azzurri non versano l’obolo. La Lega di Bossi, Maroni e Salvini invece non ha cambiato invece pelle: si entra per cooptazione, si versa la quota e chi trasgredisce si trova sulla strada, senza poltrona con espulsione immediata. Ma c’è di che ragionare sull’utilizzo dei fondi perché con la nascita della Lega Salvini premier le strade si sono divise.

Ai tempi di Bossi

Quella fondata da Umberto Bossi e fonte di tutti i guai dopo la sentenza del tribunale di Genova, può contare sui contributi mensili del ministro dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti, di Massimo Garavaglia che guida il Turismo e poi degli eurodeputati veneti Toni Da Re e Mara Bizzotto, di Roberto Calderoli e anche di Cinzia Bonfrisco, transitata dal Psi a FI e ora con la Lega.

L’abbandono del nord

La scommessa del partito che abbandona il Nord fino al boom del 33% alle europee 2019, Salvini l’ha fatta decollare con le federazioni regionali e i contributi diretti dei parlamentari: ogni mese versano 3 mila euro anche l’ex sottosegretario Massimo Bitonci, il senatore Andrea Ostellari che ha organizzato le barricate contro il ddl Zan e il ministro dei Disabili Erika Stefani. In questo elenco compare anche Matteo Salvini, assieme a tutti i deputati e senatori eletti nel 2018. L’elenco riguarda la Lega Alto Adige, quella della Basilicata, della Calabria, Lazio, Molise, a Sardegna dove governa con il presidente Christian Solinas, Sicilia e Lombardia, il cuore del potere del Carroccio. Il Veneto non c’è.

Veneto e Zaia sopra tutti

La gallina dalle uova d’oro è il partito di Zaia, che ha il record di consensi in Italia con il 60%. La lista del governatore ha umiliato quella di Salvini premier, ma la cassa che raccoglie i contributi è la stessa, anche se la gestione è autonoma. Nel 2020 i 33 consiglieri eletti e i 7 assessori si sono dissanguati: Gianpaolo Bottacin ha versato 32.200 euro, così pure Giuseppe Pan e Luciano Sandonà e il presidente rieletto Roberto Ciambetti. Tutti hanno dovuto firmare un obolo extra di 20 mila euro. Anche Tiziano Bembo, coordinatore del gruppo a palazzo Ferro Fini ha versato 600 euro e il suo stipendio non è d’oro. Tirate le somme a dicembre 2020 sono entrati 601 mila euro e altri 443 mila fino a maggio 2021. A scorrere le liste sui siti web, non compare il nome di Luca Zaia. E nemmeno quello di Attilio Fontana, Massimiliano Fedriga e Maurizio Fugatti. I governatori, come i sindaci, sono esentati? Nella Lega nessuno apre bocca e il giallo di 0 euro spesi e di 0 contributi versati resta intatto.

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