Veneto

Zaia cerca la mini immunità di gregge per il Veneto

Se il vaccino è l’arma letale per sconfiggere il Covid 19 allora non resta che accelerare le tappe per tagliare il traguardo entro giugno con l’immunità di gregge, appena arriveranno le fiale di AstraZeneca made in Italy: il governo ne ha acquistato 91 milioni di dosi e quindi nessuno verrà escluso. Intanto si parte con gli over Ottanta: la Regione sta per inviare 320 mila lettere ad altrettanti anziani convocati negli ambulatori per la prima dose del vaccino Rna Moderna, la cui fornitura viene garantita dal commissario Arcuri. Al Veneto hanno assegnato 7.800 flaconi: da ogni fialetta se ne ricavano 10-11 e quindi si parte da 80 mila dosi. Nella lettera delle Usl agli over Ottanta c’è tutto: la sede del distretto dove presentarsi e l’ora della somministrazione, proprio per evitare le code e quindi assembramenti ma anche disagi. Chi non può uscire di casa verrà vaccinato a domicilio dai medici e infermieri delle Usca e dei distretti di base.

Le case di riposo

Da questo numero vanno sottratti gli ospiti delle case di riposo, ma l’obiettivo è tagliare il traguardo nel giro di un mese. Il primo step per il personale sanitario è stato raggiunto, con 91.132 dosi già somministrate, pari a oltre il 75% del magazzino. E da lunedì iniziano i richiami.Le forniture di romaLa tabella di marcia è vincolata alle forniture garantite dal ministero della Sanità, l’anagrafe vaccinale funziona come un orologio svizzero e sta per affrontare la sfida più difficile: creare l’immunità di gregge che si raggiunge se almeno 3,4 milioni di veneti si saranno vaccinati. L’annuncio del piano Over Ottanta arriva dall’assessore Manuela Lanzarin, sempre al fianco di Zaia nel suo tg web, un reality che si snoda tra la pandemia, la crisi di governo e il caso Donazzan, chiamata a ripresentare scuse formali dopo aver cantato Faccetta Nera. Un passo alla volta.

Il nuovo Dpcm

Stasera arriverà il nuovo Dpcm del premier Conte, anticipato a grandi linee dai ministri Speranza e Boccia che ieri mattina hanno incontrato le regioni: il primo match l’hanno vinto i presidenti che hanno alzato un muro per impedire che oltre i 250 contagi su 100 mila abitanti si finisse automaticamente in zona rossa. Pericolo scongiurato: Speranza ha spiegato che il direttore dell’Iss Silvio Brusaferro ha introdotto il parametro in via sperimentale in attesa di definire un meccanismo statistico omogeneo su scala nazionale. Tutto rinviato a dopo la crisi di governo.

Alla ricerca dell’omogeneità

Significa che le regioni dovranno effettuare un numero standard di tamponi in rapporto alla popolazione residente, per evitare che il Veneto ne faccia 42 mila al giorno e il Molise 350. Oggi si procede solo con i casi sintomatici e il contact tracing resta un miraggio perché l’app Immuni non è mai decollata. Zaia ha annunciato di aver vinto la battaglia sui tamponi rapidi che «finalmente entreranno nella tabella ufficiale della Protezione civile. Fine delle polemiche: il Veneto ha il 4,5% di positivi contro la media italiana del 12». Analoga strategia è stata adottata anche dal Lazio e dall’Emilia, che ai test molecolari hanno affiancato i monitoraggi con gli antigenici.Zona arancione confermata. Il Veneto resta in zona arancione, ancora per due settimane. Anzi, è probabile che il giro di vite venga prolungato fino a metà febbraio, con il divieto di uscire dai confini regionali.

Tra Rt e ospedali

L’Rt è stabile attorno allo 0,97, valore da zona gialla, ma lo “stress” delle strutture ospedaliere gravate da 2870 ricoveri e 370 terapie intensive fa scattare il rischio “elevato” da arancione. Il trend induce a un cauto ottimismo perché sono in netta diminuzione sono sia i ricoveri che il numero dei positivi, grazie al mezzo lockdown natalizio. A dire il vero i 60 mila tamponi day sono scesi a 40 mila, tanto per abbassare quel record negativo di positivi che ha spaventato mezza Italia. In zona arancione finiranno 7 regioni, 3 in quella rossa con la Sicilia che l’ha chiesta e farà compagnia a Calabria e Lombardia. Ultimo capitolo: la protesta degli esercenti di bar e ristoranti che oggi vogliono aprire i loro locali, anche se rischiano multe pesantissime. Il tema è stato affrontato nel confronto con il governo: «Abbiamo chiesto, noi e altre Regioni, che nel testo finale del Dpcm Conte venga rivisto il tema dell’asporto vietato dopo le 18 per i bar. Credo sia un loro diritto poter lavorare fino alle 22, poi scatta il coprifuoco. Non si sono mai verificati assembramenti. I lavoratori perbene lanciano un grido d’allarme e sono in difficoltà perché i ristori non stanno arrivando come promesso» ha concluso Zaia.

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