Veneto

Polesine, le strade del veleno

Secondo la maxi indagine, tonnellate di rifiuti tossici sarebbero sepolte sotto le strade polesane

Trecenta. Migliaia di tonnellate di rifiuti tossici sarebbero sepolte nelle campagne del Polesine, tra Trecenta e Giacciano con Baruchella. Enormi quantità di nichel, cromo, cloruro e piombo illegalmente occultate sottoterra lungo le strade di ben 19 Comuni, con potenziali danni per l’ambiente e la salute dei cittadini.

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Sembra davvero non aver fine l’odissea degli abitanti del Polesine, destinati a fare i conti con i problemi derivanti dal trasporto dei rifiuti. Vi avevamo già raccontato della difficile situazione che si vive a Mardimago a causa dei troppi tir che trasportano l’immondizia. Ma ora gli inquirenti avrebbero scoperto un problema ancora più grave.

L’inchiesta

L’inchiesta è partita dall’incendio del 14 ottobre scorso a Milano, che richiese l’intervento di ben 172 vigili del fuoco. Prendendo le mosse da quell’indagine, gli investigatori – fra cui anche la DDA di Venezia – avrebbero individuato altri capannoni appositamente presi in affitto dagli indagati per il deposito dei rifiuti. Società che, per nascondere i traffici illeciti, avrebbero utilizzato anche alcune “teste di legno”.

Sotto accusa sarebbe il noto materiale “concrete green”, di cui sono state prodotte 718mila tonnellate tra il 2013 e il 2016. I responsabili, secondo le carte della Procura, avrebbero utilizzato 309mila tonnellate di questo materiale per il manto stradale.

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Al momento, le indagini riguardano due aziende della bassa veronese accusate di ricevere, trasportare e gestire abusivamente grandi quantità di rifiuti, tra cui ceneri pesanti e scorie. Questi materiali venivano utilizzati – secondo l’accusa – per realizzare strade in Emilia Romagna, Lombardia e Polesine occidentale.

Tale materiale era acquistato ad un prezzo di mercato molto più basso rispetto ai tariffari regionali e poi venduto alle amministrazioni spacciandolo per “conglomerato ecologico certificato”.

I Comuni in pericolo

Sarebbero molti i comuni del Polesine occidentale avvelenati dai rifiuti tossici illegalmente deportati nelle campagne polesane. Tra le carte dell’inchiesta compaiono i paesi di Arquà Polesine, Badia, Bergantino, Canaro, Canda, Castelmassa, Castelnovo Bariano, Costa di Rovigo, Fratta, Gaiba, Merlara, Occhiobello, Pincara, Salara, San Martino, Stiena e Villadose. Secondo i documenti della DDA tra il febbraio e il marzo 2014 gli indagati avrebbero fatto depositare 7.732 tonnellate di “concrete green” presso la sponda del Canal Bianco a Corbottolo di Trecenta.

Gli indagati

Al momento il procedimento penale è ancora agli inizi. Il GIP, però, ha già emesso le prime ordinanze di custodia cautelare. Per adesso, a finire in manette è Aldo Bosina, 55 anni, amministratore di Ipb Italia Srl, per l’accusa “promotore e organizzatore del traffico di rifiuti”. In carcere anche Giancarlo Galletti e Mauro Zonca, amministratori della società fino allo scorso giugno. Fra gli indagati anche  Massimo Sanfilippo della Winsystem Groups Srl e Pietro Ventrone, amministratore di fatto della società intermediaria Waste Solutions Srl.

Intanto si attende la prossima udienza, fissata fra qualche giorno. I diversi Comuni coinvolti e anche la Provincia potranno costituirsi parte civile.

Le opinioni

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Quella che è stata sgominata sarebbe, insomma, una vera e propria associazione per delinquere. Ora si teme per la salute dei cittadini che vivono nelle campagne del Polesine.

«Nell’escalation di notizie in materia di rifiuti ci conforta e dà sicurezza il lavoro eccezionale e sempre puntuale degli inquirenti, ai quali confermiamo la nostra collaborazione nella lotta agli illeciti». CosìGianpaolo Bottacin, assessore regionale alla Difesa del Suolo e alla Protezione Civile.

Ma non mancano le voci critiche. Secondo il consigliere regionale Andrea Zanoni (PD), vicepresidente della Commissione Consiliare Ambiente, «la scoperta di discariche abusive sta diventando la norma. Ricordo la presenza di materiali tossici nel sottofondo della Valdastico Sud e i rifiuti pericolosi interrati sotto il parcheggio P5 dell’aeroporto di Venezia, o la ciclabile Treviso-Ostiglia».

A quanto pare «alle denunce della commissione bicamerale sul ciclo dei rifiuti (Ecomafie), in cui si parlava di illegalità diffusa in Veneto sul fronte dei rifiuti – conclude Zanoni – si risponde con un sostanziale immobilismo, prima di Galan e poi di Zaia».

Pierfrancesco Divolo

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