Economia e Politica

Borghi contro Zaia e viceversa. Nella Lega ormai è faida tra pro vax e no vax

Prima del Paese, la contrapposizione tra Pro Vax e No Vax sta lacerando la Lega. Dove il Fronte del Nord che salda governatori e imprese, guidato da Zaia e Giorgetti, ha scatenato l’offensiva finale sul green pass nei luoghi di lavoro sorpassando finanche la prudenza di Draghi. Con replica al vetriolo di Claudio Borghi, capofila degli scettici e “guastatore” sul tema, a Tagadà: “I governatori hanno una legittimazione personale, pensano alla maggioranza dei cittadini ma io rappresento le minoranze. Zaia? La sua maggioranza viene dalle liste civiche, è come quando parla Emiliano o De luca nel Pd”. Insomma, un eterodosso (eufemismo).

Salvini strizza l’occhio ai no vax

Matteo Salvini durante visita mercato di via Giuseppe Belardinelli zona La Storta, Roma, 14 Settembre 2021. ANSA/GIUSEPPE LAMI

Ma a far saltare definitivamente gli argini è stato il convegno di ieri targato Lega al Senato volto a spiegare che il covid è una malattia “curabilissima” grazie all’”approccio terapeutico” con idrossiclorichina e invermectina ma stroncato da medici e scienziati. Roberto Burioni in testa: “Bugie pericolosissime”. Un evento dall’altisonante titolo “international covid summit”, ospitato nella sala Capitolare di Palazzo Madama, trasmesso in diretta dalla web tv istituzionale, partecipato dal senatore Bagnai, aperto da un messaggio di congratulazioni della presidente Casellati, e promosso da un’associazione pare non registrata (Ippocrate.Org) il cui fondatore è laureato in Scienze Politiche. Dove peraltro – raccontano le cronache – diversi partecipanti si sono tamponati last minute in infermeria poiché privi di green pass. Apriti cielo.

Salvini ignaro?

MARIA ELISABETTA ALBERTI CASELLATI

La prima ad aver fatto precipitosa retromarcia è stata la Casellati: “Il mio era un semplice gesto di cortesia, per prassi”. Ma per tutto il pomeriggio di ieri l’ira funesta è montata dal quartier generale leghista, lasciando prima filtrare che Salvini non ha avuto nulla a che fare con l’improvvida riunione e poi avvisando i parlamentari che “per evitare fraintendimenti” le iniziative vanno concordate con uffici stampa e capigruppo. Per la verità, aleggia il sospetto che il capogruppo al Senato Romeo abbia dato una mano ad avere la disponibilità della sala.

Borghi

Borghi, che è deputato ma con Bagnai è sceso in piazza, afferma di non averne neanche lui saputo alcunché. In serata la tavola rotonda “alternativa”, con terapie a base di liquirizia, è derubricata a iniziativa di “una singola parlamentare” e il cerino resta in mano alla frontwoman, la senatrice piemontese Roberta Ferrero, professione imprenditrice, alla prima legislatura dopo dieci anni da consigliera comunale nel Torinese. Che non arretra: “Polemiche insensate, il tema erano le cure domiciliari, se lo prendi nei primi giorni il covid si può curare a casa. Io vaccinata? C’è la privacy”. Le tocca però specificare: “Non sono un medico, sono dottoressa sì, ma in materie economiche. Non esiste più la libertà di opinione?”.

Il fastidio

Nei gruppi parlamentari della Lega, però, la disinvoltura con cui viene esercitata la “libertà di opinione” contro le vaccinazioni, comincia a infastidire in parecchi. A Montecitorio, una trentina secondo alcune ricostruzioni, il doppio secondo altre. La cartina di tornasole è stata il (sofferto) voto di giovedì sul green pass. Al termine di una gimkana iniziata in commissione, con Borghi a dare la linea di sponda con Salvini, la Lega ha dato faticosa luce verde. Ma due terzi dei deputati erano assenti: in aula per il voto finale erano 47 su 132 (uno, il sardo De Martini, ha votato contro). Sono stati “controllati” uno per uno, le giustificazioni vanno dalla campagna per le comunali all’errore dell’orario del voto dell’aula sul messaggino di convocazione. Tutto è possibile ma, come ragiona un parlamentare, “non serve Sherlock Holmes per capire che le posizioni di Zaia, Fedriga, Fontana, Giorgetti, stanno facendo breccia”.

Borghi non ci sta

Borghi, pur attestandosi “saldissimo” sulla sua linea, ammette la capitolazione politica: “Quando abbiamo votato l’emendamento per abolire il green pass nei confronti dei minorenni, credevamo ci fosse un consenso trasversale. Invece, noi siamo stati compatti ma da M5S non sono arrivati dissensi. Io rispetto la democrazia, ma anche i numeri, ed essi ci hanno mostrato plasticamente che la battaglia parlamentare è finita”. Il deputato rivendica gli sforzi fatti per trattare con Draghi: “Non ci sono tanti precedenti di un partito che vota contro il governo di cui fa parte su punti pesanti in commissione e manda segnali anche in aula… Ma andare avanti così non funzionerà più. Adesso il governo sa che non riusciremo a trascinare altri, a parte FdI, sulle nostre posizioni”.

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