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Colloqui e…ancora figuracce!

Il “not to do” di fronte ad un intervistatore, parte seconda.

Abbiamo visto nel precedente articolo le prime 5 fonti di figuraccia dalle quali guardarsi bene in caso di colloquio: sparlare del proprio capo o di chicchessia; mostrare incuria nel proprio cv o nel proprio lavoro; interrompere (ogni commento aggiuntivo è superfluo); trattare con troppa familiarità l’intervistatore; comportarsi con rigidità e dimostrarsi asettici durante il colloquio, mascherando ogni tratto di personalità.
Vediamo allora gli altri 5 fattori da tenere in considerazione, che completano la top 10:

1) Arrampicarsi sugli specchi: se una cosa non la si sa, non la si sa e basta, e cercare di dimostrare il contrario dimostra solo una grande immaturità. Molto meglio è ammettere i propri limiti, sui quali è molto più facile costruire;

2) Impreparazione: le domande generiche non sono ammesse, bisogna dimostrare di aver svolto una buona ricerca sull’azienda che ci intervista. Chiedere “di cosa vi occupate” non è concepibile in quanto denota una mancanza d’interesse per la storia di chi si ha davanti;

3) Volgarità: anche qui ogni ulteriore commento è superfluo;

4) Criticare: sfumatura dello “sparlare” già trattato nel precedente articolo, nello specifico criticare l’ex boss fa venire la tentazione di sentire anche l’altra campana, e non sempre ciò gioca a favore del candidato;

5) Pressing: è vero che la selezione deve sempre essere a due vie, ma il primo colloquio spesso è bene si fermi alla fase conoscitiva, quindi una mitragliata di domande relative lo stipendio, i benefit, orari e similari è bene tenerle per un successivo incontro ad hoc.

Marco Garbin

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