Ultimatum di Draghi alle Regioni: “No a fughe in avanti su Sputnik”
ROMA. C’è una cosa che ha tenuto a ribadire Mario Draghi durante la conferenza stampa e nei giorni che l’hanno preceduta. Le Regioni non possono fare di testa loro. Non possono farlo sulla scuola, e ancor di più non possono farlo sul vaccino russo Sputnik, ha fatto capire rispondendo a una domanda sull’annuncio di Vincenzo De Luca di voler acquisire dosi da Mosca.
De Luca
Il governatore campano ha snobbato l’avvertimento del premier e ha tirato dritto: l’agenzia regionale Soresa ha siglato un «accordo congelato», cioè attuabile non appena l’Ema darà l’ok all’uso del farmaco. Poche ore dopo in Sardegna il presidente del Consiglio regionale Michele Pais ha sposato l’idea di ricevere la donazione di 500 mila vaccini Sputnik da parte dei russi che non vedono l’ora di tornare in Costa Smeralda. «La regia del piano – ha aggiunto – deve essere regionale. Tutti i vaccini che possono essere messi a disposizione sono bene accetti».
Le altre regioni
La Campania che ha paura, la Sardegna che vuole salvare la stagione turistica, il Lazio che ha già annunciato accordi e sperimentazioni allo Spallanzani, e anche l’Umbria della governatrice Donatella Tesei convinta che «vadano aperti canali per aggiudicarselo»: ogni giorno che passa Sputnik diventa più seduttivo per i governatori che vedono scarseggiare le dosi o faticano a correre con le iniezioni. Non è ancora certo, ma l’argomento potrebbe essere al centro del confronto tra governo e Regioni previsto per domani, al quale non si esclude una partecipazione di Draghi. Di certo si parlerà di scuola, per accertarsi che gli enti non deroghino alla decisione di aprire, pure in zona rossa, fino alla prima media. Anche per questo ieri il ministro Mariastella Gelmini ha fatto un giro di telefonate e ha sentito il presidente della Conferenza delle Regioni Stefano Bonaccini.
Draghi e l’avviso
Sui vaccini e le possibili iniziative in solitaria resterebbe invece da risolvere il problema normativo e dei rapporti con le decisioni prese a Roma. «Starei attento a stipulare questi contratti» è stato il messaggio del premier in conferenza stampa. Draghi si è limitato a illustrare i pochi vantaggi, al momento, del siero russo: non è ancora stata formalizzata la domanda all’Ema per le autorizzazioni, la produzione, secondo un’indagine della Commissione Ue, è limitata a 55 milioni di dosi, e poi è un vaccino a due dosi, a differenza di Johnson&Johnson, il farmaco americano su cui nutre grandi speranze l’ex banchiere centrale anche in vista delle filiere europee. Quello che non si spinge a dire il premier, ma che conferma una fonte della struttura commissariale per l’emergenza Covid, è che si porrebbe un gigantesco problema costituzionale se le Regioni decidessero in autonomia di firmare i contratti. «Vanno evitate iniziative singole e fughe in avanti» è il ragionamento del premier, perché, come ha detto e ripetuto pubblicamente, la pandemia, alla luce della sentenza della Corte Costituzionale, è materia dello Stato centrale. In questo senso gli viene in aiuto il governatore della Toscana Eugenio Giani: «Quando i presidenti di Regione hanno cercato intermediari per comprare da soli i vaccini sono stati fermati. Non dobbiamo agire in ordine sparso».
Made in Italy
Draghi ha anche accennato a una produzione Made in Italy, quella di Reithera, atteso entro l’autunno, per gli stessi mesi nei quali sarebbe teoricamente disponibile il vaccino di Mosca. Il premier vuole mantenere un approccio il più possibile laico e pragmatico, ma è ben consapevole delle delicate ricadute geopolitiche della faccenda per un Paese come l’Italia che vuole mantenere una garanzia di atlantismo con l’alleato americano. Anche se l’Europa conferma di non avere il massimo della coerenza interna. Da una parte c’è il governo francese che definisce Sputnik «un mezzo di propaganda e di diplomazia aggressiva», dall’altra la Germania che è pronta «prenderlo in considerazione» una volta approvato dall’Ema e la Grecia che firma accordi per produrlo in patria.