Veneto

Debora Serracchiani lascia e apre la strada a Sergio Bolzonello

Mentre nel centrodestra è scontro tra Lega e Forza Italia

Il più caustico nei suoi confronti è stato Renzo Tondo, colui che nel 2013 perse contro di lei la corsa alla presidenza della regione. “Non la rimpiangeremo di certo e di certo non la riampiangeranno i cittadini”, così l’attuale capogruppo di Autonomia Responsabile ha commentato l’annuncio che Debora Serracchiani ha dato nelll’assemblea Pd di domenica scorsa confermando quello che già si sapeva da tempo ovvero la sua decisione a non ricandidarsi alle regionali della prossima primavera, “per mettere la mia esperienza – ha detto – al servizio del partito in altri ambiti, ma rimanendo sempre al servizio del Friuli Venezia Giulia”.

Un addio che, come si è detto, era da tempo nell’aria anche se è stato un parto assai lungo dato che nelle prime intenzioni avrebbe dovuto essere ufficializzato ancora nel mese di luglio, ma lo slittamento di quelle che parevano potessero essere elezioni politiche alle porte ha fatto che si sia arrivati ad una grigia giornata autunnale per chiudere, di fatto, “l’era Serracchiani “.
Non a caso il presidente del Pd regionale Salvatore Spitaleri aveva già dichiarato alla vigilia dell’assemblea a Mattia Pertoldi del Messaggero Veneto che “ora comincia una fase nuova”, sottolineando nello stesso tempo che “dobbiamo adesso pensare a ricostruire il centrosinistra pur avendo dimostrato coraggio nel fare le riforme”.

Coraggio che è stato uno dei concetti alla base dell’intervento della stessa Serracchiani la quale, senza nascondere la sua emozione e versando pure qualche lacrima, ha rivendicato totalmente l’azione svolta nel corso dei suoi cinque anni di mandato “ottenendo – ha dichiarato – obiettivi insperati, grazie ad un costante dialogo con il Governo e ad una squadra di giunta che ha lavorato con impegno e dedizione, in modo coeso, anche se ora serve dare continuità ad un percorso che di certo non si è ancora concluso”.

Un saluto di congedo che, nello stesso tempo, è stato un vero e proprio assist per il suo vice Sergio Bolzonello, di fatto il candidato “in pectore” per guidare il centrosinistra, anche se per ottenere la piena investitura dovrà giocarsi le sue carte alle primarie che sono state fissate il 25 novembre, alle quali, a dire il vero, l’ex sindaco di Pordenone dovrebbe avere vita facile, correndo il rischio di correre da solo contro sè stesso.

Franco Iacop, attuale presidente del consiglio regionale, colui che pareva poter essere il suo principale avversario, ha infatti già dichiarato che “per il bene della coalizione” difficilmente presenterà la sua candidatura, per cui l’unico che potrebbe proporsi a questo punto sembrerebbe essere Cristiano Shaurli, salvo che in questi giorni altri, come potrebbe essere il rettore dell’Università di Udine Alberto De Toni, non abbiano intenzione di raccogliere l’invito che gli è stato rivolto da parte del Pd, soprattutto del versante triestino, ancorchè tale ipotesi pare essere alquanto remota, se non ormai abbandonata del tutto.

D’altro canto Sergio Bolzonello appare a tutti gli addetti ai lavori il miglior candidato che il centrosinistra possa esprimere in questa fase, nonostante i veti che gli sono già stati preannunciati da tempo sia da Sel che da Mdp i quali avrebbero gradito una figura diversa, di “discontinuità” rispetto alla maggioranza uscente, probabilmente più legata al mondo della sinistra stante l’estrazione liberale del vicepresidente, peraltro renziano della prima ora e in tempi, come si suol dire, non sospetti.

A Bolzonello quindi, passato lo scoglio delle primarie, spetterà il compito di cercare di allargare il più possibile una coalizione che attualmente è senza dubbio alquanto frantumata al suo interno, tenendo peraltro conto che, fatto salva la parentesi di Riccardo Illy, è sempre stato il fronte udinese ad avere il peso principale rispetto alla scela del presidente e di certo la sua “pordenonesità” non gioca a favore di colui che ha comunque guidato il capoluogo della Destra Tagliamento per dieci anni, prima di essere “catapultato” in regione con un bagaglio di ben 10 mila preferenze.

“Per quanto mi riguarda sono pronto a fare fino in fondo la mia parte” ha dichiarato a più riprese Bolzonello già dopo l’assemblea di addio della Serracchiani, anche se dovrà necessariamente fare i conti con qualche mal di pancia interno sia al Pd che all’attuale coalizione, ma certi segnali di apertura, come quello del sindaco di Udine Furio Honsell (che pure pareva poter essere candidato per la corsa alla presidenza ma che comunque correrà per un posto in regione), sono già arrivati e stanno arrivando, pur con la classica richiesta di “parlare di programmi e di contenuti” prima che di alleanze.

Staremo dunque a vedere tra una decina di giorni quando Bolzonello, salvo sorprese, verrà “incoronato” in modo ufficiale per il dopo – Serracchiani, con la presidente nel frattempo impegnata a far capire “urbi et orbi” che la sua “non è una fuga, come sostengono i mieri detrattori poichè – ha spiegato in una nota – e ho deciso di non ricandidarmi perche deve aprirsi una fase nuova”.
Aggiungendo che “lascio questa regione meravigliosa e torno da dove ho iniziato, torno alla dimensione nazionale dopo aver dato la disponibilità al mio partito per una candidatura alle politiche, ma lascio con la coscienza a posto e credo di poter dare ora un mio contributo tornando al al ruolo da cui sono partita”.

Per tutto il centrodestra invece, che di certo non le ha reso l’onore delle armi, si tratta di una vera e propria fuga, “determinata – ha commentato per Forza Italia il capogruppo Riccardo Riccardi – dalla consapevolezza che il suo è stato un governo fallimentare e per questo sarebbe stato indifendibile in campagna elettorale, anche se una presidente eletta direttamente dai cittadini avrebbe dovuto trovare il coraggio etico e norale di ripresentarsi davanto ad essi e farsi giudicare per quanto lei ritieni di aver fatto per la nostra regione”.

“Dispiace – ha aggiunto l’esponente forzista – perchè mi sarebbe piaciuto trovarmi con lei in un possibile confronto diretto, curioso di conoscere come avrebbe spiegato il fatto di aver amministrato la regione più da vicesegretario di partito che da presidente, lasciando una regione piena di litigi e che ora deve essere ricostruita e riportata su livelli e toni più moderati rispetto a quanto non ha fatto lei”.

Un’opera di “ricostruzione” che il centrodestra vorrebbe poter fare tornando dopo 5 anni alla guida del Fvg, anche se si trova a dover fare i conti con l’accelerazione di questi ultimi giorni data da Matteo Salvini rispetto alla volontà della Lega di voler candidare ad ogni costo il suo segretario regionale nonchè capogruppo alla Camera Massimiliano Fedriga, dopo che pareva che ci fossero tutte le condizioni per ritenere come candidato naturale lo stesso Riccardi.

“Concorderemo con gli alleati del centrodestra i candidati migliori – ha dichiarato Salvini – e noi siamo comunque pronti nelle regioni dove si andrà a votare con i nostri esponenti ritenendo che la Lega possa essere il punto di riferimento, soprattutto nel Nord, per tutta la coalizione”. Una forzatura quella del segretario leghista che non è stata digerita bene da Forza Italia, al punto che la stessa coordinatrice Sandra Savino ha espresso il malumore degli azzurri a Silvio Berlusconi, al fine di evitare soprattutto che si eeviti quanto avvenne nel 2003 allorchè, a causa dei cosiddetti “visitors romani” venne candidata Alessandra Guerra piuttosto che Renzo Tondo aprendo quindi la strada alla facile vittoria di Illy.

Lucio Leonardelli

 

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