Veneto

Zaia si incazza

«Uno spettacolo immondo». Luca Zaia smette i toni felpati e bolla così gli scenari del fine settimana, con le mete dello shopping – Treviso, Verona, Padova e Mestre in primis – attraversate da un fiume umano e le località di montagna gremite come a Ferragosto, a dispetto di un contagio galoppante che mette alla frusta il sistema ospedaliero. Tant’è. Se la moral suasion adottata non ha sortito gli effetti auspicati, l’imminenza del week end prenatalizio impone di passare dalle parole ai fatti: «Lavoriamo a un’ordinanza che avrà come base la limitazione degli accessi ai centri storici delle città, è indispensabile frenare gli assembramenti, principale veicolo di diffusione del virus. Confidavamo nella coscienza di ciascuno, prendiamo atto che esiste una maggioranza di cittadini responsabili e una minoranza di persone incuranti del bene comune, dedite esclusivamente al consumo. C’è persino chi sostiene che l’epidemia è un problema esclusivo dei vecchi, quasi fossero zavorra e non un patrimonio da difendere. Parole vomitevoli, così è difficile vincere la battaglia».

No alle resse

Delle nuove misure, il governatore ha discusso con i sette sindaci dei capoluoghi, esaustivi nell’illustrare la delicatezza della situazione ma talora discordi in fase di proposta: «Le loro posizioni sono sicuramente improntate alla responsabilità, però variegate come approccio, vedremo se sarà possibile una sintesi. Ci sentiremo di nuovo nelle prossime ore perché potrebbero maturare decisioni del Governo alle quali allineare i nostri provvedimenti. I controlli? Noi non disponiamo di forze di polizia ma il divieto di ogni forma di assembramento è sancito dal 16 maggio da una legge nazionale».

In attesa di Roma

Sarà Roma a togliere le castagne dal fuoco al Veneto in debito d’ossigeno? Al riguardo il governatore (pure allergico alle scelte impopolari) sembra optare per la linea dura. Con una chiosa luciferina. tuttavia: «Premesso che la salute ha la precedenza su tutto, segnalo che la Germania, nel decretare il lockdown generale fino al 10 gennaio, ha garantito nel contempo il ristoro al 90% delle attività economiche danneggiate. Non chiedo tanto ma se noi avessimo la certezza di un 50-60%, allora anche le decisioni drastiche troverebbero condivisione e quindi maggiore efficacia. Non possiamo immaginare di arrivare ad aprile a colpi di diktat».

I problemi

Certo è che la pressione sul sistema sanitario si avvicina ai livelli di guardia tra personale ospedaliero costretto a turni massacranti e ondate di ricoveri che superano del 62% il picco di marzo: «Non abbiamo mai nascosto i rischi, i malati Covid richiedono un’assistenza multidisciplinare costante e ciò sottrae risorse umane alle altre specialità. Stamani dalla conferenza dei direttori delle Ulss è emersa la criticità di Verona, dove le prestazioni ordinarie dovranno essere ridotte almeno del 30%. A fronte di quasi 90 mila positivi le difficoltà di tracciamento dei contatti sono inevitabili ma, costi ciò che costi, non rifiuteremo mai il ricovero a chi sta male».

Il Nordest

Il dubbio: la permanenza in zona gialla ha davvero impedito al Veneto di abbattere i contagi? «La classificazione del rischio non dipende da noi, è stabilita dall’Istituto superiore di sanità secondo criteri prettamente scientifici. In ogni caso, anche il Friuli Venezia Giulia, reduce da due settimane in fascia arancione, conosce un rialzo dei casi e ciò avviene nell’intero bacino del Nordest, Carinzia e Slovenia incluse». L’ultima battuta è riservata alla scuola, candidata a riaprire il 7 gennaio con il 75% di studenti in classe: «In queste condizioni sarebbe un azzardo, tutti desideriamo il ritorno alle lezioni in presenza ma ciò deve avvenire in sicurezza, abbiamo l’evidenza che nelle classi il virus circola e si trasmette alle famiglie. Chiederò al ministro un’ulteriore valutazione».

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